Un saggio di poesia erotica; venticinque sonetti intrisi di un petrarchismo esasperato nella propria componente sensuale, che illuminano un angolo di letteratura russa inedito e minoritario, eppur fecondo di suggestioni e invenzioni. Abram Efros, poeta e critico d’arte, concepisce una poesia di sensi, passioni, oscurità. La donna, vittima dell’impulso sessuale distruttivo del maschio e a un tempo carnefice di sé, asservita alla stessa crudele legge del desiderio; l’uomo, sacerdote di sacrifici cruenti; il seme, silenzioso veleno che stilla ad «insozzare il mondo». La casistica amorosa di Efros disegna un mondo privo di gioia e catarsi liberatoria (nemmeno i figli liberano, dando un senso alla legge dell’eros), destinato a correre esausto verso la morte. Ma sa anche indicare, al di là di quella, una prospettiva di salvezza: nell’ultimo sonetto il ventre della donna diviene, grazie a mirabile inventio poetica, fonte di rinascita.