Osvaldo Licini
Osvaldo Licini
“La prima volta che ho sentito parlare di Osvaldo Licini è stato nel corso di una conversazione che ebbi con Luigi Carluccio, a Torino. Fu Carluccio, infatti, che mi parlò di Licini, e lo fece in maniera tale che il nome di questo originale artista si impresse immediatamente nella mia mente. Carluccio mi riferì infatti di avere organizzato una sua mostra alla sede del Centro Culturale Olivetti di Ivrea e mi raccontò come era nata l’idea di questa mostra, davvero rocambolesca : Licini era un artista molto schivo, che non amava assolutamente esibirsi e che, soprattutto, non credeva che il proprio lavoro potesse incontrare i favori del pubblico. Approfittando di un momento in cui Osvaldo si trovava a letto malato, Carluccio concordò con Nanny, la moglie svedese di Licini, di prelevare dallo studio una serie di lavori, il tutto all’insaputa dell’artista, e così nacque quella strana mostra. Quando Licini venne a conoscenza di quell’arbitrio, nonostante la mostra avesse ormai ricevuto un ottimo consenso, si arrabbiò moltissimo, come appunto mi riferì Carluccio. A partire da questo episodio il mio desiderio di conoscere personalmente Osvaldo Licini si fece sempre più pressante. Per giungere a ciò fui particolarmente favorito dall’essere amico di Giuseppe Marchiori, critico che da sempre era molto vicino a Licini, oltre che del pittore toscano Rinaldo Burattin…”