Questo libro delinea le caratteristiche di una professione che, con la sua pratica, i suoi apparati, le sue immagini e la sua consonanza con i fermenti del tempo, è specchio e rappresentazione di una cultura e di una società. La modernità è qui utilizzata come crinale da cui osservare caratteri originali e tratti permanenti dell’esperienza giuridica europea. Tra Otto e Novecento, in particolare, l’avvocato è interprete del progresso e dell’ordine e gestore dei delicati equilibri comunitari. I diversi autori di questo volume, tra le pieghe degli eventi e attraverso la parola del ceto forense, offrono una lettura di una parte della storia del paese, dall’età liberale al fascismo, dalla tragedia della guerra alla fondazione della Repubblica. La Sicilia è assunta come metafora di questa storia: sulla scena, gli avvocati come protagonisti di un lungo e tormentato itinerario. Insieme con anonimi cittadini che chiedevano una difesa dei loro diritti, con i poteri dello Stato che si sono avvalsi della loro cultura giuridica e della loro perizia tecnica, essi non hanno mai smesso di raccontare la “gaia scienza” del diritto. Un sentire comune che si affina in virtù del tribolato confronto con le urgenze della pratica e con le esigenze della giustizia.